I meme nel marketing

Tra marketing, geopolitica e rischio reputazionale

Al giorno d’oggi i meme nel marketing sono diventati la nuova frontiera dei conflitti globali. Infatti, le guerre non si combattono solo con sanzioni economiche o dichiarazioni ufficiali, ma anche con viralità e piattaforme social. È quello che negli Stati Uniti è stato definito “la battaglia dei meme“, un conflitto che si gioca tra smartphone, algoritmi e ironia visiva. Ma dietro l’umorismo digitale, si nasconde una complessa rete di interessi politici, strategie di comunicazione e tensioni economiche.

  1. I meme nel marketing
  2. Perché usare i meme nel marketing
  3. Meme e geopolitica: il caso della Cina
  4. Meme e business: il caso Wendy’s
  5. I rischi dei meme nel marketing

1. I meme nel marketing 

Come spiega Valentina Tanni, docente alla John Cabot University e autrice del libro Memestetica, il meme non è più un semplice passatempo digitale, è un linguaggio vero e proprio, adottato da governi, istituzioni e aziende. «Il linguaggio memetico viene utilizzato con costanza. Se all’inizio era una forma di provocazione – la cosiddetta shitpost diplomacy – oggi è una strategia comunicativa vera e propria, soprattutto per governi di destra», sottolinea Tanni.

Il motivo è semplice: i meme comunicano con velocità, umorismo e precisione e chi li condivide sente di far parte di un coro, partecipando attivamente alla costruzione e diffusione del messaggio.

2. Perché usare i meme nel marketing

Oggi internet è diviso in nicchie, spesso enormi, dove un singolo contenuto può avere un impatto straordinario su milioni di persone, restando invisibile ad altri e questo le aziende lo sanno bene. Secondo il Digital Marketing Institute, le campagne memetiche generano fino al 146% in più di engagement rispetto alla pubblicità tradizionale, con un costo inferiore del 72%. Questo conferma come le nuove generazioni siano sempre meno attratte dalla pubblicità convenzionale e interessate a un flusso continuo di contenuti visivi.

3. Meme e geopolitica: il caso della Cina

Nel pieno della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, sono stati creati meme con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, che mostrano Donald Trump, il suo vicepresidente J.D. Vance e il miliardario Elon Musk nelle vesti di operai su catene di montaggio di iPhone e scarpe. L’intento è chiaro: colpire simbolicamente il cuore del capitalismo occidentale, ridicolizzandone i leader più famosi, dimostrando come la guerra possa essere combattuta anche tramite social network.

4. Meme e business: il caso Wendy’s

Anche le aziende, oltre ai governi, hanno imparato a sfruttare il potere virale dei meme. Si tratta della catena di fast food americana Wendy’s, finita nell’occhio del ciclone per aver rilanciato un meme in cui si prendeva in giro la cantante Katy Perry. L’immagine mostrava la popstar appena tornata da un volo spaziale con Blue Origin, accompagnata dalla didascalia provocatoria: “Possiamo rimandarla indietro?”. Un tentativo di ironia che si è rapidamente trasformato in un boomerang, scatenando la rabbia dei fan – oltre 250 milioni di follower aggregati – e costringendo l’azienda a scusarsi pubblicamente.

5. I rischi dei meme nel marketing

In questo nuovo ecosistema comunicativo, il meme è un linguaggio potente e va usato con cautela. Gli effetti collaterali dell’ambiente digitale – dove un semplice post può scatenare reazioni imprevedibili su scala globale – impongono una nuova responsabilità a chi crea contenuti. Il futuro della comunicazione, che si tratti di marketing o di politica, ha a che fare con la capacità di parlare la lingua dei meme senza scadere nell’inconsapevolezza o nella provocazione sterile. Inoltre, con i meme, spesso si rischia di semplificare troppo la realtà e di diffondere informazioni non veritiere, specialmente se supportati dall’IA.

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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